lunedì 11 aprile 2011

Maledetto tiramisù. Cronaca di un parto.

1 aprile. Ore 20.30
Provvista di pancione oltre termine mi reco al ristorante per cenone imperiale con parenti del Maritozzo.

1 aprile. Ore 22.30
Ordino il tiramisù. Mi arriva una coppa gigante piena di panna fino all'orlo. Vince la golosità.

1 aprile. Ore 23.00
Il tiramisù era pesantissimo, mi sento tremare le gambe, sudo freddo, devo scappare in bagno... E in bagno... Le acque! Come se fosse passato Mosè mi ritrovo nel bagno del ristorante confusa ed emozionata ripetendomi "non ci credo, come nei film!". Che niubba.


1 aprile. Ore 23.30
Dopo aver salutato tutti neppure stessimo partendo per sempre per l'America nel 1800 ci fiondiamo a casa per prendere tutto l'occorrente per il ricovero in ospedale.

2 aprile. Ore 0.00
Mi ricoverano. Ago-cannula sulla mano, di contrazioni neppure l'ombra. Mi dicono che se tra 24/48 ore non avverrà nulla mi indurranno il parto. 24 o 48???? Cioè, c'è una bella differenza tra 24 e 48 ore! Bah.
Ovviamente terrorizzata da questa prospettiva di attesa (alla 41 esima settimana) mi reco nella stanza assegnatami.

2 aprile.
Calma piatta, antibiotico ogni 12 ore. La mia compagna di stanza ha le contrazioni tutta la notte e nel pomeriggio partorisce nel giro di mezz'ora un bel maschietto. Inizio a spazientirmi, il tempo non passa mai, sul piano hanno partorito tutte tranne me.

3 aprile. Ore 15.30
Mi dicono che non posso ne bere ne mangiare fino a nuovo ordine. Se non avviene nulla a mezzanotte mi indurranno il parto.

4 aprile. Ore 0.00
Mi ritrovo bloccata a letto, con una flebo di ossitocina da centomila litri, con le cinghie del monitoraggio strette sulla pancia. Le contrazioni iniziano praticamente subito, irregolarissime.

4 aprile. Orario indefinito.
Inizio a non capirci più nulla. Sono arrabbiata, impaziente, dolorante e non voglio neppure disturbare la mia compagna di stanza e il suo bambino. Nel frattempo chiamo con una frequenza impressionante l'infermiere di turno (che cercava inutilmente di dormire) impaziente di capire se le mie contrazioni potevano portarmi da qualche parte. Nulla di fatto.

4 aprile. Mattina.
Il dottore di turno mi annuncia con un certo ghigno (non so se ero in delirio, ma sembrava quasi non aspettasse altro che farmi a fettine!) che se entro mezzogiorno le contrazioni non fossero diventate regolari sarebbero dovuti intervenire. Ormai ero sfinita, la mia più grande paura di farmi il travaglio bloccata al letto si era già avverata, non vedevo l'ora di finire. Il monitoraggio notturno era ormai un tomo di 300 pagine rilegato in filo refe con copertina in cartonato.

4 aprile. Ore 13.11
Eccola, finalmente è venuta al mondo. Questa piccola capellona mi guarda con gli occhi vispi e mi sento svenire, nel frattempo mi ricuciono e con una pacca sulla spalla mi rimandano in camera.

I tre giorni più lunghi della mia vita. E ora sono mamma. Cazzarola sono mamma.

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